La Romagna E’ una terra allegra, aperta al nuovo, conviviale e accogliente , non sono le città che compongono il tessuto romagnolo, quanto i suoi abitanti che con il loro spirito allegro e gioviale creano la Romagna . Le Persone si sentono parte di questa terra e tramandano le tradizioni, di generazione in generazione. La Romagna, al suo interno comprende una pluralità di territori, che variano dalla costa lungo l’Adriatico, alle grandi pinete, le colline e la pianura, che è il vero cuore della regione, elemento unificatore di usi, costumi e tradizioni. La cucina romagnola è una cucina semplice di tradizione contadina , una delle più rinomate in Italia per la capacità di creare con pochi ingredienti, genuini e semplici, piatti molto saporiti che mantengono tutte le caratteristiche della dieta mediterranea. I legumi La Romagna è terra di campi coltivati , sin dai tempi più remoti, la popolazione era prevalentemente dedita all’agricoltura . Tra i prodotti coltivati, destinati all’alimentazione umana, c’erano anche i legumi, considerati “carne dei poveri”, che hanno permesso di colmare le gravi carenze proteiche e quindi di sopravvivere a molte famiglie contadine. I fagioli erano presenti ogni giorno sulla tavola dei meno abbienti, ma anche fave, ceci, piselli, lenticchie e lupini erano tra i legumi maggiormente coltivati. I fagioli venivano seminati da fine marzo a maggio , spesso associati alla coltura del granoturco. Nella terra venivano scavate delle buche di piccole dimensioni a giusta distanza dal mais dove venivano messi 4/5 semi, successivamente coperte da circa due dita di terra. Per eliminare le erbe infestanti veniva effettuata la sarchiatura e le operazioni di zappettatura consentivano di rompere la crosta superficiale, così da permettere una maggiore penetrazione di acqua e ricircolo d’aria. Ai primi di giugno, si procedeva con la rincalzatura , coprendo di terra la base della pianta in modo da proteggerla, darle maggior stabilità ed evitare l’evaporazione di acqua. I tempi del raccolto erano differenziati a seconda del tipo di fagiolo, all’alba in giorni senza vento, quando la rugiada teneva chiusi i baccelli inumiditi venivano falciati a mano o con il falcetto per poi essere portati subito sull’aia per essere essiccati. Dopo giorni di esposizione al sole, quando i baccelli ben asciutti si aprivano era il momento di batterli con il correggiato, un attrezzo formato da due bastoni di diversa misura uniti da una striscia di cuoio, poi si pulivano facendoli girare e saltare su un setaccio a grandi fori.
di Redazione